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RAJASTHAN ESSENZIALE & SEGRETO

- 15 Giorni -

Un viaggio completo e approfondito attraverso il Rajasthan e oltre, tra siti iconici e località meno conosciute, per cogliere l’anima autentica dell’India del Nord. Un itinerario di 15 giorni dal ritmo disteso, con visite mirate, soggiorni prolungati e spazi di libertà personale.

Rajasthan Essenziale & Segreto 15 Giorni

DURATA

15 Giorni

Rajasthan Essenziale & Segreto 15 Giorni

CITTÀ D'INIZIO TOUR

Delhi

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CITTÀ FINALE DEL TOUR

Delhi

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TIPO DI TOUR

Tour privati, di gruppo e a tema

Rajasthan Essenziale & Segreto 15 Giorni

LINGUE

Italiano, Inglese, Tedesco, Francese, Spagnolo...

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LIVELLO DI FITNESS

Moderato

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STAGIONE IDEALE

Tutto l'anno

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NUMERO IDEALE DI PARTECIPANTI

02, 04, 06, 08 ...

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PIANO PASTI

In base alle scelte personali

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SISTEMAZIONI

Alberghi 3 - 5 Stelle, Boutique, Homestay

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TRASPORTO

Veicolo privato a disposizione

Rajasthan Essenziale & Segreto 15 Giorni

ASSISTENZA AI VIAGGIATORI

24 x 7

Questo viaggio si sviluppa attraverso una vasta regione dell’India, ben oltre i confini del solo Rajasthan. Grazie a un volo interno, evitiamo un lungo tratto via terra, mentre i restanti 1.600 chilometri li percorriamo su strada, non come semplice spostamento tra le tappe, ma come occasione per immergerci più a fondo nell’anima di questa parte di India, gestendo con flessibilità tempi di visita e trasferimenti. Il nostro itinerario include tutte le mete imperdibili del Rajasthan — Jaisalmer, Jodhpur, Udaipur, Jaipur — oltre a luoghi di grande valore storico e artistico come Fatehpur Sikri, Agra e Delhi, dove visitiamo anche il Qutab Minar, uno dei tre siti UNESCO della capitale. Ma ci spingiamo anche oltre, toccando luoghi meno battuti ma affascinanti, come Kumbhalgarh, Mount Abu e Delwara, Ranakpur, Chittorgarh, Bundi, Abhaneri, Eklingji, Nagda e il Royal Gaitor, molti dei quali riconosciuti dall’UNESCO. I 15 giorni a disposizione ci permettono di seguire un ritmo disteso e approfondito, evitando quasi sempre di arrivare nelle località solo in serata. In questo modo possiamo assaporare meglio l’atmosfera locale e godere delle particolarità degli hotel, soprattutto dove è previsto un soggiorno di due notti. Abbiamo inoltre previsto momenti di tempo libero, per consentire visite individuali, passeggiate o ulteriori approfondimenti personali.

PUNTI SALIENTI DEL VIAGGIO

  • Il programma, accuratamente pianificato, unisce ricchezza di luoghi ed emozioni a un giusto equilibrio tra visite approfondite, pause rigeneranti, tempo libero e relax, offrendo così un’esperienza coinvolgente ma mai frenetica.

  • Ingresso notturno al Taj Mahal in occasione del plenilunio, condividendo la suggestiva atmosfera con pochi altri visitatori.

  • Si pernottano 13 notti in strutture di qualità, alcune delle quali davvero affascinanti e ricche di carattere.

  • Utilizziamo un volo interno da Delhi a Jaisalmer per evitare un lungo e faticoso trasferimento via terra.

Rajasthan Essenziale & Segreto 15 Giorni
Rajasthan Essenziale & Segreto 15 Giorni

Rajasthan Essenziale & Segreto

Partenza con volo di linea dall'Italia/Europa. L'accompagnatore incontrerà il gruppo al banco del check-in in aeroporto. Pasti e pernottamento a bordo. Abbiamo scelto questo volo perché è diretto, senza scali intermedi e con orari di partenza e arrivo comodi.

Arrivando a Delhi con il supporto di un assistente aeroportuale, procederete con le formalità di ingresso nel paese, ritirerete i bagagli e farete nuovamente il check-in per il volo nazionale di linea per Jaisalmer, Le ore di transito in aeroporto sono spesso necessarie per completare queste complesse procedure. Una volta giunti a Jaisalmer, ci sistemiamo nelle camere dove resteremo per due notti, concedendoci un pomeriggio libero, ideale per un primo contatto individuale con la città o i suoi dintorni. La cena sarà servita in hotel. Situata nel cuore del deserto del Thar, Jaisalmer è la città più occidentale del Rajasthan e il suo stesso spirito è profondamente modellato dal paesaggio desertico che la circonda. Fondata nel XII secolo e legata fin dalle origini al clan Rajput, la sua storia affonda le radici in una mitica discendenza da Krishna. Per oltre quattro secoli, la città ha tratto ricchezza in modo predatorio, controllando e depredando le carovane di passaggio, come avveniva anche in altre civiltà desertiche come i Sabei e i Nabatei. Solo dal XVI secolo si orientò verso un'economia più strutturata, legata ai commerci tra Asia Centrale e Orientale, ma subì poi una profonda crisi con il declino delle rotte terrestri, sostituite dai commerci marittimi e dall’arrivo della ferrovia britannica. Jaisalmer ha ritrovato un ruolo strategico solo nel XX secolo grazie al Canale Indira Gandhi, ai conflitti indo-pakistani e allo sviluppo delle energie rinnovabili, in particolare con un importante parco eolico. Conosciuta anche come la "Regina del Deserto", Jaisalmer ci offrirà il suo fascino attraverso palazzi, templi jainisti, haveli, vicoli animati e l’imponente forte che porta il suo nome. Le visite saranno organizzate in loco con momenti di tempo libero sia oggi che domani, durante i quali sarà possibile esplorare la città a piedi, concedersi una dromedariata tra le dune, visitare ulteriori haveli o semplicemente rilassarsi con trattamenti ayurvedici nei centri locali o direttamente in hotel. L’antica via della Seta, che attraversava anche questa regione, subì un lento declino a partire dal I secolo d.C., quando fu scoperta l’influenza dei monsoni sulle rotte marittime tra Arabia e India, rendendo le vie terrestri obsolete. L’Ayurveda, dal sanscrito “ayu” (vita) e “veda” (conoscenza), è una pratica millenaria che mira a ristabilire l’equilibrio psicofisico attraverso purificazioni interne, massaggi, erbe e oli. Sebbene in Occidente questa disciplina venga spesso ridotta a una moda esotica, anche una forma semplificata può offrire benefici reali. I pasti principali saranno consumati in hotel. Le strutture selezionate rispecchiano il desiderio di far vivere al viaggiatore un’esperienza autentica, in linea con le tradizioni del Rajasthan. Non indichiamo solitamente il numero di stelle, preferendo privilegiare l’atmosfera, la storia e il fascino degli alloggi, talvolta classificati come “Heritage” o “Hotel Storico”. Inoltre, grazie alla disponibilità di un minibus e alla facilità di accesso ai tuk-tuk, la posizione centrale degli hotel non è un criterio vincolante nella scelta delle strutture.

Il Forte di Jaisalmer, oggi Patrimonio dell’Umanità UNESCO, non è un classico complesso monumentale delimitato da mura e orari di visita: si tratta di un autentico centro urbano, ancora abitato da qualche migliaio di persone. Dalla sua fondazione nel XII secolo, ha custodito al suo interno un intricato sistema di viuzze, templi, abitazioni, botteghe artigiane, ristoranti e piccoli hotel, rappresentando un modello unico di città vivente all’interno di una struttura fortificata. Nato con finalità difensive contro i nemici, sia lontani, come quelli di Delhi, sia più vicini, come i rivali di Jodhpur, il forte ospita nel suo cortile principale il Fort Palace, l’antica residenza dei maharaja. Questo edificio a sette piani è un susseguirsi di stanze private, sale di ricevimento, balconi finemente decorati, arredi, specchi e sculture, anche se solo alcune aree sono oggi accessibili al pubblico. All’interno del forte si trovano anche diversi templi jainisti risalenti al XV e XVI secolo, la cui visita è soggetta a restrizioni variabili, ma alcuni potranno essere ammirati anche solo dall’esterno. Durante la giornata visiteremo anche una haveli, una delle eleganti dimore costruite tra il XVIII e XIX secolo da ricchi mercanti, veri capolavori architettonici decorati con affreschi che raffigurano miti hindu, motivi floreali e influenze occidentali come treni o grammofoni, spesso realizzati con materiali pregiati e foglia d’oro.

Il pranzo sarà servito alla raffinata Sonaar Haveli, mentre la cena avverrà in hotel.

*Nota UNESCO: I siti riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità sono in costante aumento, attualmente circa 1.200, tra beni materiali e immateriali. L’Italia guida la classifica con 60 siti, seguita dalla Cina con 59, poi Germania e Francia; l’India ne conta 42, con altri candidati in attesa. L’inclusione in questo prestigioso elenco comporta, oltre alla notorietà, anche l’accesso a fondi per la conservazione.
**Il Jainismo, fondato da Mahavira nel VI secolo a.C., contemporaneamente al Buddha, è una religione che rifiuta il sistema delle caste e si fonda su rigidi principi di non violenza e rispetto assoluto per ogni forma di vita. I seguaci più ortodossi arrivano a indossare mascherine per non ingerire insetti e spazzare il suolo prima di camminare, praticano l’astensione da qualsiasi alimento che implichi l’uccisione di una pianta e vivono nella più totale nudità rituale. Il jainismo non adora una divinità personale, ma si concentra sull’autodisciplina e la purezza dell’anima.
***Le haveli, palazzi dei mercanti costruiti tra Settecento e Ottocento, erano veri e propri simboli di prestigio e ricchezza. Riccamente affrescate, talvolta con l’uso di materiali preziosi, esibivano una straordinaria varietà decorativa e rappresentano ancora oggi un'importante testimonianza dell'arte e del gusto dell’epoca.

Jodhpur, la “città blu”, ci accoglie a tarda ora per il pranzo, avvolta in un’atmosfera che è già di per sé un ossimoro vivente: un insieme di profumi d’incenso e fiori mescolati all’odore forte di liquami e fogne. Il colore blu, dominante nelle case della città, è legato in particolare alle abitazioni dei brahmani, la casta sacerdotale ancora molto influente, che lo scelgono per distinguersi dal resto della popolazione. Questo azzurro intenso richiama il colore con cui viene rappresentato Vishnu, divinità venerata da questa casta.

La città, seconda del Rajasthan per dimensioni, si estende caoticamente attorno alle pendici rocciose del possente Forte Mehrengarh, costruito nel XV secolo sopra un’altura che sembra emergere direttamente dalla pietra. I Rajput, casta guerriera dominante, fondarono Jodhpur all’inizio del XIII secolo, sfruttando la posizione strategica di questa rocca posta lungo le vie di commercio tra Delhi e il Guajarat. Il forte, con le sue mura che si innalzano fino a quaranta metri, si presenta come un bastione di terra e pietra, dotato di sette porte d’accesso, l’ultima delle quali, la Laha Pol o “Porta di Ferro”, porta le impronte delle rani che si sacrificarono con la pratica del sati, una drammatica testimonianza della storia sociale di questa regione.

Il forte ospita un museo che occupa gli spazi dell’antico palazzo reale, con magnifiche sale e cortili che custodiscono tessuti, armi, miniature, affreschi, manoscritti e preziose portantine e lettighe per elefanti, testimonianze della ricchezza e del potere della famiglia regnante.

Scendendo verso la città, la scena si fa più vivace con il dedalo di viuzze, case dipinte in varie tonalità di blu, negozi e mercati. Qui non mancheremo di visitare anche il Jaswant Thada, un cenotafio del 1899 con splendide cupole e lavorazioni in marmo, che spicca per la sua architettura elegante e raffinata, un luogo di grande suggestione che farà da perfetto contrappunto alla robusta imponenza del forte.

Nota sul sati:
Questa pratica atroce prevedeva che le vedove si immolassero volontariamente sulla pira funebre dei mariti, per rispettare un ruolo sociale drammaticamente limitato e subordinato. Sebbene proibita dagli inglesi, il sati è sopravvissuto fino a tempi relativamente recenti in alcune zone remote. Esso riflette un contesto sociale in cui la donna, vista solo come madre e moglie, veniva privata di un’esistenza autonoma dopo la morte del coniuge. Purtroppo, la condizione femminile in India ha spesso mostrato contraddizioni e difficoltà, nonostante la tradizione religiosa millenaria di non violenza, e i problemi di violenza e discriminazione sono tuttora rilevanti.

Il pranzo sarà in un ristorante locale, mentre la cena è prevista in hotel.

Normalmente, dopo Jodhpur, gli itinerari nel centro-sud del Rajasthan prevedono una sola tappa: Udaipur, per poi risalire rapidamente verso Pushkar e Jaipur. Questo comporta giornate molto intense, con arrivi spesso a tarda sera, e la perdita di preziose occasioni di conoscenza.

Noi invece vogliamo concedere più tempo a questa regione, includendo soste in località meno frequentate e meno pubblicizzate, ma che offrono caratteristiche uniche e autentiche. Per questo, da Jodhpur intraprendiamo un percorso che, tralasciando Pushkar (che dà il meglio di sé solo durante la celebre Pushkar Camel Fair), ci conduce a Khumbalgarh, Monte Abu, Dilwara, Ranakpur, Udaipur, Chittorgarh, Bundi e infine Jaipur.

Tre pernottamenti inconsueti a Khumbalgarh, Monte Abu e Bundi ci permetteranno di sfuggire al turismo di massa e di entrare in contatto con una quotidianità indiana ormai rara da trovare nelle mete più battute. Queste tappe favoriranno anche ritmi più rilassati e visite più approfondite.

Lasciamo Jodhpur dirigendoci verso sud fino a Ranakpur, dove si trovano alcuni degli esempi architettonici più importanti della religiosità jainista. Il tempio più famoso, il Chaumukha Mandir, o “Tempio dalle Quattro Facce”, risale al XV secolo ed è aperto dalle 12 alle 17, il che influenzerà il nostro programma di visita.

Il tempio, interamente realizzato in marmo bianco, è un tributo ad Adinath, il primo dei 24 tirthankar, ovvero i maestri spirituali jainisti. Le sue 80 cupole sovrastano 29 sale che contengono 1444 pilastri, tutti decorati con disegni unici e differenti l’uno dall’altro. Sebbene possa apparire pretenzioso ed eccessivo, il gioco di luci e ombre che si crea durante il giorno regala un fascino unico e insolito.

Non mancheremo di osservare uno dei simboli più rappresentativi di questa religione: la svastica*.

Il tempio attira pellegrini da tutta l’India, che rimangono incantati dagli ornamenti, dalle proporzioni e dai dipinti che ritraggono Adinath in sembianze molto simili a quelle del Buddha, a sottolineare i legami tra queste due tradizioni spirituali. La visita interna si effettua con l’ausilio di auricolari multilingue, purtroppo non disponibili in italiano.

A proposito della svastica:
Il termine deriva dal sanscrito e rappresenta un simbolo di buon auspicio e benvenuto per induisti, buddhisti e jainisti. È un segno antico, usato in molte culture diverse in tutto il mondo, con tracce ritrovate persino nelle tombe etrusche. Oggi viene adottato, per esempio, anche dalla setta cinese Falun Gong.

La svastica può essere rappresentata con i bracci rivolti a destra o a sinistra; nella religiosità indiana è più comune la versione con i bracci rivolti a sinistra. Simboleggerebbe il disco solare o la ruota della vita, indicando il ciclo eterno degli eventi.

Purtroppo, la svastica è stata adottata anche dal nazismo, che l’ha ruotata in senso orario, usandola come simbolo della supremazia della “razza ariana”. Alcuni studiosi vedono un collegamento tra questo uso e la tradizione indù, mentre altri pensano che Hitler abbia scelto questo simbolo per legittimare culturalmente le proprie idee attraverso un’interpretazione selettiva della storia.

A meno di un’ora da Ranakpur si trova la località in cui pernotteremo, raggiungibile dopo aver attraversato le tortuose colline degli Aravalli. Qui emerge imponente e isolato il Forte Kumbhalgarh, che già si scorge da lontano. In serata, chi vorrà potrà raggiungere il forte in taxi per ammirarne le mura illuminate, uno spettacolo suggestivo.

Pranzeremo presso l’Hotel Fatehbagh a Ranakpur e ceneremo in hotel.

Dopo colazione, è prevista una passeggiata di gruppo lungo i maestosi muraglioni di Kumbhalgarh, con l’opportunità di esplorare anche l’area interna alla Grande Muraglia, dove si trovano vari templi interessanti, valorizzati dalla loro posizione isolata e suggestiva. Dopo il pranzo in hotel, ci metteremo in viaggio per un trasferimento di circa quattro ore verso il Monte Abu, dove sosteremo per una notte.

Il complesso di Kumbhalgarh, sito UNESCO, difficilmente può essere definito semplicemente un “forte”. Il termine, pur evocando immagini di possanza e robustezza, non restituisce completamente la straordinaria realtà di questo luogo e ciò che custodisce al suo interno. Le sue sette imponenti porte e i massicci bastioni circolari rappresentano la forza e l’orgoglio dei Rajput, ma ciò che stupisce maggiormente è il fatto che il sito sia ancora relativamente lontano dai flussi turistici più affollati.

Kumbhalgarh occupa un ruolo importante nella storia dei Rajput, grazie alla sua efficacia difensiva e al profondo attaccamento che gli abitanti del Rajasthan, oltre settanta milioni, nutrono per questo luogo. È infatti la città natale di Maharana Pratap, un governatore Rajput divenuto leggendario per la sua resistenza, senza compromessi, all’espansionismo dei Moghul nel XVI secolo, durante il regno di Akbar.

Con una muraglia lunga oltre 35 chilometri, Kumbhalgarh è spesso chiamata “la Grande Muraglia Indiana”, un paragone che però rischia di sminuire la sua unicità e il suo valore autentico. È frequente che località con caratteristiche particolari vengano accomunate a celebri monumenti o città mondiali — così Shibam nello Yemen viene definita la “Manhattan del Deserto”, alcune torri inclinate come la “Torre di Pisa” locale, e Udaipur viene talvolta chiamata la “Venezia dell’India”. Tuttavia, questo tipo di paragoni rischia di oscurare l’identità originale dei luoghi.

Chi conosce bene le due opere sa che la Grande Muraglia cinese è una realizzazione megalomane e unica al mondo, con una lunghezza di circa ottomila chilometri (alcune fonti arrivano a ventimila, contando tutte le ramificazioni e i tratti non murari). È l’unica opera umana visibile dalla Luna, ed è caratterizzata da un’estensione e una monumentalità che la rendono insuperabile.

La muraglia indiana, al contrario, è infinitamente più piccola, ma possiede due peculiarità che la Grande Muraglia cinese non ha. Innanzitutto, è un’opera autentica, non ricostruita, se non parzialmente restaurata in alcuni tratti aperti al pubblico, mentre quella cinese è stata quasi completamente rifatta. Inoltre, la Grande Muraglia cinese non ha mai raggiunto lo scopo difensivo per cui era stata concepita, non riuscendo a fermare invasioni a causa della sua estensione impossibile da presidiare efficacemente. La sua vera funzione fu piuttosto quella di creare un’identità nazionale, delimitando un confine e mettendo in comunicazione milioni di persone.

Al contrario, la muraglia di Kumbhalgarh non è mai stata conquistata: è stata violata una sola volta, e solo per due giorni.

La visita a Kumbhalgarh vale dunque ampiamente la deviazione dagli itinerari più battuti. Oltre all’impressionante estensione della muraglia, che ha camminamenti così larghi da permettere il passaggio contemporaneo di otto cavalli — superando largamente la capacità cinese che ne prevedeva solo due coppie — il complesso racchiude centinaia di templi, pozzi a gradini, cortili, palazzi, giardini e oltre settecento postazioni per cannoni.

Chi vorrà potrà cimentarsi in una lunga camminata lungo un tratto significativo della muraglia, mentre gli altri potranno esplorare con calma altri aspetti del sito insieme alla guida locale, oppure rinfrescarsi nella piscina dell’hotel.

Nel pomeriggio, dopo circa quattro ore di trasferimento verso sud-ovest, raggiungeremo la zona di Monte Abu, dove si trova il nostro hotel, punto di arrivo dopo una giornata intensa. Pranzo e cena saranno serviti in albergo.

L’area intorno al Monte Abu è molto amata dai pellegrini, ma poco frequentata dal turismo occidentale. Qui, già oltre mille anni fa, furono costruiti numerosi edifici sacri jainisti, tra cui spiccano i templi di Dilwara, situati vicino al monte e al suggestivo Nakki Lake. Due in particolare attirano l’attenzione per la loro raffinata arte scultorea.

Il primo, il tempio Vimal Vasahi, testimonia da oltre un millennio la devozione verso il primo tirthankar, Adinath, con una fitta selva di colonne che circondano la sua statua. L’ingresso è impreziosito da una processione di elefanti in pietra, che sembrano marciare verso il tempio, conferendo un fascino particolare all’intero complesso.

Il tempio Luna Vasahi, con i suoi oltre ottocento anni, è anch’esso un esempio straordinario di eleganza e raffinatezza artistica.

Dopo la visita, pranzeremo presso il ristorante della Connaught House. Nel pomeriggio ci dirigeremo verso est e, dopo poco più di 160 chilometri, raggiungeremo Udaipur.

Conosciuta con appellativi evocativi come “Città dell’Aurora”, Udaipur incanta ancora oggi per la sua bellezza tranquilla, sospesa tra mito e storia, raffinata e affascinante, nonostante le semplificazioni di chi la definisce la “Venezia dell’India”. Incorniciata dalle dolci pendici delle Aravalli Hills e bagnata dalle acque del Lago Pichola, è circondata dal verde rigoglioso della campagna circostante. Proprio questi aspetti, nel 1829, ispirarono un colonnello inglese della Compagnia delle Indie Orientali a definirla “il luogo più romantico del continente indiano”.

Anche se qualcosa sta rapidamente cambiando, Udaipur resta un’ottima tappa per una sosta di due notti.

Pranzo e cena saranno serviti in hotel.

Udaipur fu fondata nel 1568 da Udai Singh II che, circa trent’anni dopo, diede avvio alla costruzione del City Palace, l’edificio più iconico della città. Un tempo residenza dei sovrani del Mewar — nome di questa regione — oggi il palazzo è un museo che si affaccia sul lago Pichola. Il complesso rappresenta un originale connubio di stili: all’esterno si presenta con l’aspetto austero di una fortezza militare rajput, mentre all’interno si apre a un tripudio di arte e decorazioni sontuose.

Definire il City Palace “imponente” rischia di essere riduttivo. La sua facciata si estende per quasi 250 metri — più di due campi da calcio affiancati — con un’altezza che supera i 30 metri, rendendolo il palazzo più grande dell’intero Rajasthan. Le numerose aggiunte succedutesi nei secoli hanno mantenuto un’armonia stilistica che conferisce al complesso un fascino senza tempo.

Durante la visita scopriremo curiosità e storie intriganti: ad esempio, le otto arcate vicino alla Grande Porta furono costruite come simbolo del paternalismo reale, poiché ogni arcata corrispondeva a una distribuzione di oro e argento al popolo, pari al peso del maharaja regnante. Un’altra vicenda degna di nota riguarda la figlia del maharaja all’inizio del XIX secolo, che scelse di avvelenarsi pur di non dover sposare uno dei due principi di Jaipur e Jodhpur, entrambi pronti a minacciare la città in caso contrario.

Il vasto complesso ospita cortili, giardini, edifici riccamente decorati, dipinti, miniature, mosaici, oltre a collezioni di portantine, cristalli e oggetti curiosi come trappole per tigri e leopardi.

Il lago Pichola è il cuore naturale di Udaipur. Il suo nome deriva da un antico villaggio che Udai Singh II decise di sommergere per ampliare il bacino preesistente. Con i suoi poco più di dieci chilometri quadrati e la scarsa profondità, in certi periodi il lago si prosciuga parzialmente.

A circa 20 chilometri dalla città, vale la pena visitare i templi di Eklingji e Nagda, dedicati a Shiva*. Qui il marmo e altri materiali sono stati lavorati con grande maestria per rappresentare aspetti rituali dell’induismo. L’isolamento di questi complessi sacri rende la visita ancora più piacevole, offrendo un’esperienza meno affollata rispetto ad altri siti.

*Shiva è il dio distruttore e creatore, spesso rappresentato come “linga” — simbolo fallico — e accompagnato dal toro Nandi, sua cavalcatura. È la figura più venerata della Trimurti indiana, la triade divina che comprende anche Brahma, il creatore, e Vishnu, il preservatore.

Pranzeremo in un ristorante locale. La cena sarà libera, dando così la possibilità di scegliere tra diverse opzioni, saltare il pasto, o restare in hotel.

Probabile sveglia più presto del solito e breakfast box. Le visite a Bundi potranno essere previste oggi o domattina, a seconda dell’orario di arrivo. Prima di giungere a Chittor, distante da Udaipur circa 110 chilometri e oltre due ore di viaggio, si scorge da lontano un’imponente parete rocciosa lunga oltre 5 chilometri e alta 150 metri. È la base su cui poggia una delle più grandi opere difensive dell’India, spesso considerata più affascinante anche di quella di Jaisalmer. Non a caso è Patrimonio Unesco.

Iniziata nel VII secolo, la fortezza si è arricchita nel tempo con numerosi edifici e rafforzamenti difensivi. È rimasta abitata fino al 1616, per poi cadere in abbandono fino all’inizio del XX secolo, quando nel 1906 sono iniziati i lavori di restauro. Il Forte di Chittor (Chittorgarh) è un simbolo di forza strutturale e di carattere degli abitanti. Infatti, nelle sole tre volte in cui è stato conquistato, i suoi abitanti hanno scelto il suicidio rituale di massa piuttosto che la sottomissione. Gli uomini affrontavano a viso aperto il nemico vestiti con abiti color zafferano, certi della morte; donne, bambini e anziani si immolavano sulle pire. Decisioni estreme che ricordano episodi storici simili, come quello degli abitanti di Masada in Palestina.

Le lunghe mura proteggono un villaggio, templi, torri e palazzi. L’ingresso principale è la Padal Pol, che dopo un percorso tortuoso di circa un chilometro conduce ad altre sei porte. Si arriva così ai primi templi con guglie e incisioni, poi alla Torre della Vittoria dedicata a Vishnu, alta 37 metri, alle lapidi commemorative dei suicidi rituali, a uno specchio d’acqua e ad altri templi, tra cui uno jainista dedicato ad Adinath, il primo tirthankar, uno dei 24 profeti di questa religione. Il percorso, di tipo circolare, permette di tornare al punto di partenza.

Dopo il pranzo al Pratap Palace Hotel, ci dirigiamo verso Bundi, a 150 chilometri di distanza, circa 3 ore di viaggio. Bundi non è una meta turistica di massa, anche perché si trova fuori dalle rotte più comuni. Nonostante ciò, è Patrimonio Unesco e offre molte attrattive coinvolgenti. È una classica destinazione per backpacker, ma può essere vissuta anche con più comfort. Kipling, nelle Letters of Marque, ha elogiato questa regione: ha definito Jaipur “la Versailles dell’India”, Udaipur impareggiabile per il lago e le colline, e le torri grigie di Jodhpur “opera di giganti”. Ma il Palazzo di Bundi, anche in pieno giorno, sembra uscito da sogni inquieti e costruito da folletti. La nostra Haveli è in posizione tale da permettere tranquille passeggiate anche a tarda sera.

Già regno autonomo dal XII secolo, Bundi mantiene questa caratteristica fino all’arrivo dei Moghul, sei secoli dopo. Pur sotto la loro dominazione, conserva una parziale indipendenza, che perde definitivamente solo nel 1947 con l’indipendenza indiana e la conseguente unificazione sotto Delhi.

Bundi si distingue per specchi d’acqua, alture su cui poggia un palazzo dai colori terrosi, e un centro antico con viuzze dove spiccano gli azzurri delle case dei brahmani. Questo insieme crea suggestioni che non sempre si trovano in località più pubblicizzate del Rajasthan.

Da non perdere sono il Cenotafio a 84 Colonne e il Bundi Palace, a cui Kipling si riferisce evocando folletti per spiegare la sua esistenza. Qui i regnanti locali hanno vissuto fino al 1948. Il palazzo, in parte in stato di decadimento, colpisce per il fascino dei colori sbiaditi dell’oro e dell’azzurro degli affreschi murali, per cui Bundi è famosa. Alcune aree sono chiuse per ragioni di sicurezza, ma in quelle accessibili si possono ammirare scale che, dopo la Porta dell’Elefante, conducono alla sala delle udienze con il trono marmoreo, ad altri ambienti decorati, a immagini sacre di Krishna e al Chitrasala, palazzo più recente del XVIII secolo con dipinti ben conservati.

Di particolare interesse sono i baori, i pozzi a gradoni di cui ce ne sono circa sessanta. Alcuni sono ormai inutilizzati e diventati discariche, altri conservano intatto il loro valore religioso e architettonico, come il Baori della Regina e i Pozzi Gemelli. Questi pozzi, scavati nella pietra con gradini e pianerottoli, portano decine di metri sotto terra. Si entra dall’alto, si scende fino all’acqua e, una volta in fondo, alzando lo sguardo si vede che il punto di partenza è il cielo.

Pranzo a Chittorgarh al Pratap Palace Hotel e cena in hotel.

Oggi puntiamo decisamente verso nord e arriviamo a Jaipur all’ora di pranzo, che consumiamo in un ristorante locale.

A differenza di Bundi, dove il turismo è presente ma contenuto, a Jaipur assume spesso aspetti persino fastidiosi, vista l’imprescindibile presenza della città in tutti gli itinerari classici del Rajasthan. Jaipur ha pregi e difetti tipici di una destinazione molto ricercata per il suo significato storico e la quantità di luoghi da visitare.

La città deve il suo nome a Jai Singh II, che la fondò nel 1727. Discendente di un clan Rajput che consolidò il potere dal XII secolo quando la capitale era Amber, a una decina di chilometri di distanza. Dopo secoli, la scarsità d’acqua e la crescita demografica convinsero a trasferire la capitale in una zona più adatta.

Il successo di Jaipur, capoluogo del Rajasthan e Patrimonio UNESCO, è merito di questo sovrano, che univa capacità militari e politiche a una mentalità scientifica: era infatti anche astronomo e guidò personalmente i lavori urbanistici. Purtroppo, spesso la città è associata più al suo aspetto estetico che agli eventi storici fondamentali. Quando si parla di Jaipur, raramente si menziona la sua denominazione ufficiale, “Città di Jai Singh II”, nonostante a lui si debbano la struttura urbanistica, la cinta muraria, alcuni edifici del City Palace e il Jantar Mantar, un avanzato osservatorio astronomico.

In genere, Jaipur è nota semplicemente come la “Città Rosa”. Alla fine dell’Ottocento, l’allora maharaja fece dipingere gli edifici del centro storico di rosa, colore che simboleggia ospitalità, per accogliere degnamente la visita di Edoardo VII. Da allora gli abitanti sono tenuti a mantenere questa tonalità sulle facciate per regolamento urbano.

(Oltre a essere la Città Rosa, Jaipur è purtroppo anche nota per i raggiri legati alla vendita di pietre preziose: si consiglia di evitarne l’acquisto, a meno di essere esperti gemmologi).

Prevediamo visite oggi e domattina, in modo da lasciare tempo libero nel pomeriggio di domani.

La zona antica è parzialmente circondata da mura, interrotte da grandi porte. L’area settecentesca è il cuore di Jaipur, divisa in quartieri rettangolari delimitati da viali. Al centro si trova il City Palace, parte del quale è opera del fondatore della città, cui si sono aggiunti edifici fino all’inizio del XX secolo. Qui si fondono i migliori stili del Rajasthan e dei Moghul, cui si sovrapposero interventi successivi con influenze anche europee.

La prima struttura che si incontra è il Palazzo del Benvenuto, seguito da museo, armeria, cortili e varie sale, tra cui quelle delle udienze. Gli ambienti ospitano costumi reali, testi sacri miniati, armi impreziosite da incisioni e recipienti d’argento alti quasi due metri, tra i più grandi al mondo. Quattro imponenti porte, ciascuna dedicata a una stagione, proteggono l’accesso all’area ancora oggi abitata dai discendenti degli ex regnanti.

Accanto al palazzo si osserva dall’esterno il minareto che trafigge il cielo, realizzato dal figlio di Jai Singh II.

Il Jantar Mantar, già menzionato, è Patrimonio Unesco ed è l’unico dei cinque osservatori astronomici voluti da Jai Singh II ancora presente a Jaipur. Si tratta di un complesso di enormi strumenti ideati per calcolare il movimento degli astri — un esempio di come il prestigioso elenco includa opere non solo per la loro monumentalità ma anche per particolarità tecniche.

L’Hawa Mahal (la celebre facciata a nido d’ape), costruita nel 1799, ha probabilmente un peso eccessivo nell’immaginario collettivo. In ogni caso è una costruzione originale, progettata per consentire alle donne della corte di osservare la vita in strada senza essere viste. La osserveremo solo dall’esterno.

Pranzo in ristorante locale e cena in hotel.

Il Forte di Amber, come già detto, ospitava la famiglia reale quando Amber era capitale, prima della fondazione di Jaipur, e si trova in posizione dominante sulla cittadina sottostante. (Eviteremo la salita al forte a dorso di elefante per vari motivi). All’interno, ci confermeremo di trovarci di fronte a un complesso architettonico esemplare, iniziato nel 1599, apprezzato per la forma armoniosa degli edifici e la ricchezza delle decorazioni. Marmo bianco, arenaria gialla e rosa, insieme a pietre dalle tonalità accattivanti, costituiscono la sostanza del grande palazzo articolato intorno a quattro cortili, da cui si affacciano le varie costruzioni.

Dalla Porta del Sole e da quella della Luna si accede alle aree interne, dove uno scalone conduce al palazzo principale, con un piccolo tempio dalle porte d’argento, colonne sormontate da capitelli a forma di elefante, archi affrescati, bassorilievi, soffitti decorati con specchi, sale e cortili. L’ultimo cortile confina con gli appartamenti delle donne: qui nulla appare sottotono.

Il complesso è dominato dall’alto dalla Fortezza di Jaigarh, anch’essa opera del celebre Jai Singh II. Ben conservata, tuttavia non offre lo stesso fascino di altri forti, per cui la ammireremo da lontano.

Non lontano dalla città si trova il cenotafio reale, il Royal Gaitor, spesso ignorato anche da chi visita Jaipur. Noi invece dedicheremo tempo a questo suggestivo luogo di memoria, con i suoi monumenti in pietra e marmo dedicati a vari regnanti, custodi di memoriali e tombe. Un’escursione da non perdere, anche a costo di rinunciare a siti più famosi.

Pranzo, pomeriggio e cena saranno liberi per garantire massima flessibilità ai compagni di viaggio e permettere di scegliere liberamente il ristorante.

Giornata intensa e ricca di soddisfazioni. Pur avendo già ammirato i pozzi a Bundi, quello di Abhaneri si presenta come un’esperienza unica, lontana dal semplice ripetersi di ciò che abbiamo visto. Dopo meno di cento chilometri dalla partenza, ci fermiamo per ammirare le straordinarie geometrie del Chand Baori, il pozzo del re Chand, con i suoi tredici livelli di gradinate e quasi quattromila scalini che si perdono nelle profondità, dove il livello dell’acqua varia a seconda della stagione. Nato come luogo di raccolta dell’acqua durante il monsone e di culto, il pozzo sfrutta anche la sua caratteristica di mantenere una temperatura di 5-6 gradi inferiore rispetto all’ingresso, offrendo così un clima più fresco durante i periodi più caldi. Gli abitanti del posto possono così scendere nelle sue viscere per pregare, prendere acqua o semplicemente rinfrescarsi. Sebbene per raggiungere Abhaneri sia necessaria una deviazione dal nostro itinerario, vale assolutamente la pena di includerla, anche a costo di un percorso più lungo. Spettacolare è il termine più appropriato.

Proseguendo, arriviamo a Fatehpur Sikri, già nell’Uttar Pradesh, a 220 chilometri da Jaipur e a 40 da Agra. Questa città in arenaria rossa, Patrimonio UNESCO, è una delle città fantasma più suggestive d’India. Il suo isolamento, lo stato di conservazione impeccabile e l’assenza quasi totale di abitanti creano un’atmosfera magica, che però può farla apparire come un set cinematografico o un luogo finto a chi si aspetta una città viva e pulsante.

Fatehpur Sikri è il frutto della visione del grande imperatore Moghul Akbar, che volle una capitale degna del suo nome. Akbar è celebre per aver lasciato profonde tracce della cultura islamica nella tradizione indiana e scelse questa landa arida per la sua capitale, seguendo la profezia di un saggio sufi. Tuttavia, alla sua morte, la mancanza d’acqua costrinse a trasferire la capitale altrove.

Durante il suo regno, Akbar visse qui con le sue tre mogli preferite, ciascuna appartenente a religioni diverse — islamica, induista e cristiana — un segno della sua politica di equilibrio e tolleranza. La moschea, con influssi architettonici indiani e persiani, domina il complesso, insieme alla tomba di un santo sufi, a testimonianza del legame dell’imperatore con il mistico che gli predisse la nascita di un erede maschio.

Il complesso include palazzi, padiglioni, cortili, vasche, sculture e abitazioni. Interessanti sono le sale per le udienze pubbliche e private, dove Akbar giudicava i processi, talvolta con severità, imponendo pene terribili come il calpestamento da parte degli elefanti, contraddicendo la sua fama di sovrano equilibrato. Sono presenti anche bassorilievi elaborati, intagli in stile jainista, casseforti, colonne, chiostri, un grande letto di marmo e il curioso minareto decorato con centinaia di zanne d’elefante in pietra.

Nel tardo pomeriggio proseguiamo verso Agra, città sinonimo di Taj Mahal. Chi torna in India può decidere di rivedere Delhi, ma difficilmente si lascia sfuggire l’occasione di ammirare nuovamente il mausoleo in marmo bianco.

Pranzo al Laxmi Niwas Palace di Bharatpur, cena in hotel ad Agra.

Venerdì, giorno di chiusura del Taj Mahal, la mattinata sarà dedicata facoltativamente alla Festa dei Colori o al tempo libero, da poter impiegare per relax, visite non previste dal programma o acquisti. Il pranzo sarà lasciato libero proprio per consentire una gestione autonoma della prima parte della giornata. Nel pomeriggio è prevista la visita al Forte di Agra. Approfittiamo di questa occasione per soffermarci sulla Festa dei Colori, affinché tutti possano comprenderne il significato profondo, indipendentemente dal fatto di parteciparvi o meno, anche se alcuni aspetti dei festeggiamenti cambiano di anno in anno. Il nostro viaggio, intitolato “Tutti i colori dell’India”, assume un carattere ancor più vivido grazie alla concomitanza con questa celebrazione, una delle più gioiose dell’India, particolarmente sentita nel triangolo Delhi-Jaipur-Agra. Chi desidera partecipare dovrà considerare la possibilità di dover lavare con cura gli abiti e prepararsi a una dose abbondante di shampoo, tenendo presente anche qualche eccesso legato all’alcol tra i festanti. Questa festa sacra dà il benvenuto alla primavera con momenti di allegria, in cui si lanciano polveri colorate e acqua, e la notte viene illuminata da grandi falò che simboleggiano la vittoria del Bene sul Male rappresentato dalla diavolessa Holika. Spesso paragonata al nostro carnevale, la Holi non è solo una festa folcloristica, ma un’occasione per favorire una rinascita interiore, un momento di gioia pubblica in cui si cerca di abbandonare il dolore e celebrare la bellezza della vita. Questo spirito di euforia temporanea contrasta con la tradizionale concezione induista secondo cui “l’esistenza è sofferenza”. La parola “Holi” non deriva da “holy” (santo), ma si riferisce al desiderio di distruggere il male, simboleggiato dalla demone Holika, bruciata su un falò inaugurale che segna l’inizio della festa, celebrata nella notte della prima luna piena di marzo e il giorno seguente. Le origini di questa ricorrenza sono molteplici: oltre alla lotta tra bene e male, si racconta anche che Krishna, avatar di Vishnu, amasse scherzare lanciando acqua colorata alle ragazze, da cui deriva l’aspetto giocoso della festa. Il falò notturno vede i fedeli gettare simbolicamente il dolore tra le fiamme, mentre chicchi di riso o orzo posti accanto al fuoco vengono tostati e mangiati per propiziare un buon raccolto. Quando il fuoco si spegne, la cenere e i tizzoni vengono raccolti come protezione contro le negatività. La mattina seguente le strade si riempiono di persone di ogni età che si gettano polveri colorate, cantano e ballano, allontanando per qualche ora le difficoltà quotidiane. La festa, più partecipata nel nord e nel triangolo d’oro, assume nel sud un carattere più rituale. Negli ultimi anni, la Holi è stata celebrata anche in Europa, seppur in modo meno eclatante. Durante il soggiorno ad Agra si potrà scegliere se partecipare o restare a distanza, tenendo conto che chi prende parte si immergerà letteralmente in un tripudio di colori, con la necessità di indossare abiti “usa e lava”. Nel pomeriggio visiteremo l’Agra Fort, un’imponente struttura militare voluta dall’imperatore Akbar nel 1565 sulle rive del fiume Yamuna, che si estende per quasi tre chilometri di perimetro, racchiudendo una vera e propria città fortificata. Successivamente, fu trasformato dall’ideatore del Taj Mahal in una residenza sontuosa. L’ingresso, le sale delle udienze, le moschee, i cortili, la torre ottagonale, il Palazzo degli Specchi e i giardini sono solo alcune delle meraviglie che rendono questa visita molto interessante. Da alcuni punti panoramici, se accessibili, sarà possibile scorgere il profilo lontano del Taj Mahal. Il pranzo è libero e la cena sarà servita in hotel.

Di primo mattino torniamo al Taj Mahal per una visita più approfondita, cercando di evitare il picco di affollamento. Questo straordinario mausoleo fu voluto dall’imperatore moghul Shah Jahan per onorare la moglie Mumtaz Mahal, morta dando alla luce il loro quattordicesimo figlio, e fu completato nel 1640. Affacciato sul fiume Yamuna, il monumento stupisce per la sua grandiosità e per i dettagli minuziosi, anche se alcuni ne percepiscono una certa freddezza dovuta al bianco marmoreo del materiale. Nonostante ciò, è sempre assediato da migliaia di turisti; in passato si sono registrate fino a centomila visite in un solo giorno, anche se ora il limite massimo è di 40.000 ingressi giornalieri. Per dare un’idea dell’affollamento, basti pensare che Petra, sito molto più esteso, ammette solo 5.000 visitatori al giorno.

Il mausoleo, dedicato a “gioiello del palazzo” (il significato di Mumtaz Mahal in persiano), è stato realizzato in vent’anni da oltre 20.000 operai e architetti, con materiali provenienti da Asia ed Europa. Dal 2007 è riconosciuto come una delle sette meraviglie del mondo moderno. Il poeta Rabindranath Tagore lo definì “una lacrima di marmo, ferma sulla guancia del tempo”, espressione poetica che riflette l’amore e l’ammirazione per questa imponente opera. Shah Jahan costruì il mausoleo in memoria della moglie, mantenendo la promessa fatta a lei in punto di morte, dando così vita al monumento più spettacolare al mondo che porta il suo nome. Il Taj Mahal è anche l’immagine più iconica che viene in mente pensando all’India, ma proprio per questa sua identificazione è stato oggetto di controversie politiche.

Nel 2017, il governatore dell’Uttar Pradesh, noto per posizioni estremiste indù e avversità verso l’Islam, ha deciso che il Taj Mahal dovesse scomparire dalla lista dei siti turistici ufficiali dello stato, escludendolo inoltre dai finanziamenti per la manutenzione, favorendo invece siti di natura indù. Questa decisione, sostenuta dal partito nazionalista BJP guidato dal primo ministro Narendra Modi, riflette un rifiuto del multiculturalismo e una volontà di negare la natura islamica del monumento. Alcuni intellettuali induisti hanno persino avanzato teorie alternative sull’origine del Taj Mahal, sostenendo che fosse originariamente un tempio dedicato a Shiva, trasformato in mausoleo dagli invasori islamici, e affermando senza prove che la stessa Kaaba in Arabia avrebbe origini simili. Queste tesi, considerate fake news da molti studiosi, hanno richiesto l’intervento della Corte Suprema indiana per evitare attribuzioni false.

Tra le leggende che circondano il Taj Mahal, si racconta che Shah Jahan avesse progettato un altro mausoleo in marmo nero per sé sulla riva opposta del Yamuna, per poter ammirare quello della moglie dall’altra parte del fiume, ma non si è mai trovato alcun riscontro di questi lavori. Altre storie narrano che per impedire la costruzione di opere simili, gli artigiani e architetti furono mutilati o accecati, mentre si sono diffuse preoccupazioni per il possibile sprofondamento del monumento, dovuto alla natura instabile del terreno, timori che però sono stati smentiti da indagini approfondite.

Più reale è invece la minaccia al bianco marmo del mausoleo, che ha perso la sua luminosità originaria a causa di inquinamento, agenti atmosferici, escrementi di uccelli e insetti provenienti dal fiume. Nonostante dal 1990 sia vietata l’installazione di industrie inquinanti entro 50 km dal sito, il degrado continua. Recenti studi scientifici hanno individuato un rimedio tramite sostanze fangose usate tradizionalmente dalle donne indiane per la cura della pelle, che sembrano efficaci per pulire e conservare il marmo.

Dopo la visita, partiamo per Delhi, dove pranziamo in un ristorante locale. Nonostante la grandezza e il caos della capitale, abbiamo previsto un itinerario ottimizzato per visitare uno dei tre siti UNESCO della città, il Qutub Minar, situato nella zona sud vicino all’aeroporto e all’hotel. È consigliabile avere calzini di ricambio per visitare questo luogo sacro islamico. Delhi è una metropoli complessa, fatta di contrasti e culture diverse, con una storia millenaria che si sviluppa attorno al fiume Yamuna, e che dal XII secolo è stata un importante centro indù prima di passare sotto dominio islamico e infine britannico. Il Qutub Minar, alto più di 70 metri, fu costruito nel XII secolo da Qutab-ud-din per celebrare la diffusione dell’Islam, ed è decorato con arenaria e marmo di vari colori. Alla sua base si trovano i resti della prima moschea costruita in India e l’Iron Pillar, una colonna di ferro lunga circa 2.000 anni, proveniente da un tempio dedicato a Vishnu.

Concludiamo la giornata con cena e pernottamento in hotel a Delhi, con il pranzo inserito durante le visite.

Dopo la colazione, avrete del tempo libero fino al trasferimento in aeroporto per il volo di linea. L'accompagnatore potrebbe non rientrare in Italia/Europa con il gruppo; in tal caso, una guida locale accompagnerà i partecipanti all'ingresso dell'aeroporto. I luoghi visitati durante il viaggio includono la Grande Muraglia di Kumbhalgarh, il complesso di Eklingji Nagda a Udaipur, Jaswant Thada a Jodhpur e Fatehpur Sikri.

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